martedì 18 marzo 2008

Mettersi una maschera


Le maschere sono un elemento fondamentale della cultura tradizionale dei popoli dell'Africa subsahariana. E' costante l'attribuzione alle maschere di significati spirituali, il loro uso nelle danze e in altri riti religiosi, e il riconoscimento di uno speciale status sociale agli artisti che le realizzano. Nella maggior parte dei casi, la creazione di maschere è un'arte che si tramanda di padre in figlio, insieme alla conoscenza dei valori simbolici e religiosi associati. Regna sovrana l'idea che chi indossa una maschera abbandoni temporaneamente la propria identità per assumere quello dell'animale o dello spirtio che essa rappresenta. Generalmente la maschera è riconducibile o a un volto umano femminile o maschile molto stilizzato, ma sempre realistico, o al muso di un animale.

In Mozambico sono famose le maschere dell'etnia Makonde, nata secondo la leggenda quando un uomo che viveva nei pressi del fiume Rovuma, al confine tra la Tanzania e il Mozambico, un giorno scolpì l’immagine di una donna in un tronco d’albero; lavorò tutto il giorno e, giunta la sera e terminato il lavoro, collocò la scultura nel cortile della propria casa. All’alba, con i primi raggi del sole, la scultura acquisì vita propria e divenne una vera donna che diede origine alla grande etnia dei Konde o Makonde.

In realtà non si possiedono molte conoscenze circa le origini di questo popolo, di origine bantù, probabilmente facevano parte dell’antico regno dei Maravi, situato tra la Zambia e l’attuale Malawi, da cui sono emigrati, verso il 1300, negli altopiani tra il nord del Mozambico e il sud della Tanzania, un ambiente caratterizzato da foreste tropicali che ha consentito loro di rimanere isolati sino al Novecento, quando i portoghesi iniziarono gradualmente a penetrare nelle zone più inaccessibili del Mozambico. Dediti alla caccia e all’agricoltura, insofferenti alle autorità e privi di un’organizzazione gerarchica di tipo tribale, organizzati in piccoli gruppi familiari autonomi tra loro, sono stati tra i primi ad iniziare, negli anni sessanta, la guerra di liberazione contro i Portoghesi, per poi ribellarsi al regime socialista del Mozambico indipendente che non aveva soddisfatto le loro speranze di libertà e di autonomia.
Una delle caratteristiche di questa etnia è il rilevante senso estetico, osservabile non solo nelle opere d’arte ma anche nell’architettura e nella disposizione delle abitazioni. L’arte di scolpire il legno è stata tramandata nei secoli grazie alle cerimonie rituali che richiedevano oggetti simbolici quali piccole statue, maschere e tamburi, mentre il loro prolungato isolamento ha consentito una forte coesione culturale. La scultura tuttavia non era un patrimonio comune, ma era praticata da soggetti dotati di particolare abilità i quali trasmettevano la loro arte ai propri familiari. In origine veniva scolpito legno chiaro e tenero, dipinto con laterite, una sostanza contenente ossido di ferro che conferiva alle sculture un particolare colore rosso, a partire dagli anni quaranta viene usato prevalentemente l’ebano.

giovedì 6 marzo 2008

Mia Couto

E' uno dei massimi autori contemporanei dell'Africa lusofona. Nasce a Beira, seconda città del Mozambico, famosa per le frequenti inondazioni (da qui lo scrittore afferma di non avere una "terra madre", ma un'"acqua madre". Comincia presto la carriera da giornalista e scrittore e contemporaneamente si laurea in biologia. Il debutto letterario di Couto avviene con la pubblicazione di alcune poesie nell'antologia Sobre literatura moçambicana ("Sulla letteratura mozambicana") realizzato nel 1980 da un altro grande poeta del Mozambico, Orlando Mendes Nel 1983 Couto pubblica la prima raccolta personale intitolata Raiz de orvalho ("Radice di rugiada"). Successivamente la sua produzione letteraria si volge ai contos (racconti).
Qui di seguito riportiamo una sua eccellente lirica con testo originale a fronte:
Devo essere un altro
per essere me stesso
Sono briciola di roccia
Sono il vento che la consuma
Sono polline senza insetto
Sono sabbia che sostiene
il sesso degli alberi
Esisto dove mi disconosco
aspettando il mio passato
anelando alla speranza del futuro
Nel mondo che combatto
muoio nel mondo per cui lotto
nasco.

Preciso ser um outro
para ser eu mesmo
Sou grão de rocha
Sou o vento que a desgasta
Sou pólen sem insecto
Sou areia sustentandoo
sexo das árvores
Existo onde me desconheçoa
guardando pelo meu passado
ansiando a esperança do futuro
No mundo que combato
morrono mundo por que
lutonasço.

domenica 2 marzo 2008

Abissali silenzi africani

Notte. In mezzo al buio, nero, nulla, mi perdo
nell’immenso avello, oscuro abissale silenzio.
E pascermi di questa quiete, mi è di gran fortuna,
dimenticando tutto.

Stefano Medel