giovedì 21 febbraio 2008

La pulce e l'elefante, ovvero le dimensioni non contano per...

C’era una volta una pulce che saltava, e saltava, e saltava sempre più in alto per vedere cosa c’era all’altro capo del mondo.Tanto saltare la fece arrivare senza volerlo sulla testa di un elefante che passava di lì in compagnia della sua famiglia. Quando comprese dov’era finita, pensò: “Ora non ho più bisogno di saltare, tanto da qui il mio sguardo spazia ovunque, proprio come su una montagna”.L’elefante cominciò però a sentire uno strano prurito sul capo, e per cercare di capire di che cosa si trattasse, ogni tanto si fermava, poi riprendeva a camminare, e con le sue enormi orecchie cercava di percepire possibili suoni rivelatori. Dal canto suo la pulce si divertiva un sacco a guardare il mondo dalla testa dell’elefante.Ad un tratto, però, si alzò un forte vento e il minuscolo cappello della pulce si levò in aria andando a finire dritto dritto nell’occhio dell’elefante che cominciò a versare lacrime.La pulce, per tentare di recuperare il suo cappello, scese fino al grande orecchio dell’elefante e gli disse in modo discreto: “Signor elefante, signor elefante, sono io, l’inquilino del piano di sopra, riesce a sentirmi?”“Ecco la causa di tutto quel prurito!” disse l’elefante“ Io posso aiutarti a far cessare questo dolore che ti fa piangere” aggiunse la pulce.“E come?”“Posso spingermi fino al tuo occhio e vedrai che poi starai meglio”.L’elefante, che non aveva visto la pulce, non si fidava… temeva si trattasse della voce di un fantasma, ma poiché il dolore non accennava a diminuire si rassegnò: “Va bene, pulce. Non so se tu esisti, ma se puoi aiutami. Sembra che mi sia entrato un porcospino nell’occhio”.“Non si tratta di un porcospino, ma del mio cappello”.Con un salto, la pulce arrivò vicino all’occhio dell’elefante togliendogli il cappello dall’occhio. Il pachiderma, visibilmente sollevato, ringraziò guardando negli occhi la pulce.“Tu sei una pulce? Che bestia piccolissima e saltellante! Comunque grazie per avermi tolto il dolore. E dove vivi?”“Io? Beh, se prometti di non arrabbiarti ti posso raccontare tutto”.Stavo saltellando qui vicino, quando, con un salto da campione sono finita sulla tua bella testa. Ti confesso che lassù si sta proprio bene, c’è una vista splendida. Questo è il paesaggio più bello che abbiamo mai visto fino ad ora. Ero stanca di saltellare sempre da cane a cane, da gatto a gatto”.L’elefante, incredulo, ascoltava il racconto della bestiolina. Quasi non riusciva a credere a ciò che sentiva, ma siccome si sentiva in debito per il sollievo che la pulce gli aveva regalato, decise di presentare la pulce alla sua famiglia, dalla quale, come ogni buon elefante, grande di corpo e docile di cuore, non si separava mai. Anche la pulce volle presentare i suoi amici all’elefante, li chiamò a sé con un fischio ed essi formarono una lunga e allegra fila, scambiandosi sorrisi, saltellando, e conversando animatamente di animali piccoli e grandi. In fondo le dimensioni non sono importanti, ed è bastato che l’elefante venisse a sapere dell’esistenza delle pulci perché diventassero amici.E tali sono rimasti, infatti da allora gli elefanti hanno concesso alle pulci di vivere sopra di loro e queste festeggiano in continuazione.

sabato 16 febbraio 2008

La potenza delle fiabe



Cosa accomuna tutti i paesi del mondo da nord a sud, senza distinzioni?La tradizione di raccontare fiabe ai bambini. Attraverso la fiaba, narrata da un adulto in un momento di raccoglimento, il ragazzino imparara a conoscere la vita e a sognare, mette in moto la fantasia e viene a contatto con gli altri, grandi e piccoli, vicini e lontani. Mentre nel nostro paese questa usanza si sta putroppo mettendo da parte (che senso ha perdere tempo a raccontare una storia quando c'è la televisione!?), in Africa è ancora viva, è ancora un modo importantissimo per insegnare a vivere e comunicare, cosa che a volte noi dimentichiamo di fare.




martedì 12 febbraio 2008

Dalla tradizione orale makonde

Negli anni '60 l'antropologo Manuel Viegas Guerreiro, durante una campagna di ricerca nel nord del Mozambico, allora ancora colonia portoghese, ha raccolto fiabe e racconti makonde, così come erano stati tramandati per secoli di generazione in generazione. Risultato di quel lavoro, i volumi intitolati: Os macondes de Moçambique. Eccone un assaggio:

"La iena e il leopardo una volta mandarono il cane al villaggio a cercare del fuoco per poter cuocere la carne di una gazzella appena catturata. Il cane, arrivato al villaggio, trovò della manioca gettata via tra un mucchio di spazzatura e perse tempo a mangiarla, preferendo la manioca alla ricerca del fuoco. La iena e il leopardo erano in trepida attesa, ma lui fece ritorno molto tardi, ben sazio ma senza il fuoco tanto desiderato. Nel frattempo, i due, rimasti a lungo ad aspettarlo e ormai allo stremo delle forze per la fame, si erano mangiati la gazzella senza poterla cuocere. Al tramonto, mentre il cielo già cominciava a farsi scuro, dirigendosi ognuno verso la propria tana, si dissero: “Com’è possibile che il cane ci abbia fatto questo? Per un suo tradimento alla fine siamo stati costretti a mangiare carne cruda”. Il mattino seguente la iena e il leopardo incontrarono il cane e lo rimproverarono duramente per l’affronto subito. “Un tempo ero vostro compagno - rispose il cane – ma ora ho trovato un buon posto dove potermi nutrire senza fatica, e non voglio più avere seccature sulla questione della ricerca del fuoco e della carne cruda da cuocere. D’ora in avanti saranno fatti vostri. Per quello che mi riguarda potete arrangiarvi come meglio credete”.Da quel momento, si capisce perché, la iena e il leopardo sono diventati acerrimi nemici del cane."

lunedì 4 febbraio 2008

"Questi uomini del colore del capretto scuoiato che oggi applaudite entreranno nei vostri villaggi col fragore delle loro armi e con fruste lunghe come serpenti boa. Vi chiameranno a uno a uno, registrandovi su quei pezzi di carta che hanno fatto impazzire Manua e con quelli vi faranno prigionieri."
Tratto da "Ualalapi"